Durante le elezioni americane, oltre a votare per il nuovo presidente, in alcuni Stati si è votato anche per la legalizzazione di sostanze stupefacenti tra cui la cannabis. Arizona, Montana, New Jersey e Sud Dakota hanno votato favorevolmente al referendum che legalizza tali sostanze. Nel frattempo molti altri Stati nel mondo hanno legalizzato o decriminalizzato la cannabis. Israele, per esempio, ha decriminalizzato il possesso e tollera il consumo di marijuana in luoghi privati nel 2019, e sempre nel 2019 il Sud Africa ha reso possibile la coltivazione in proprio purché senza scopo di lucro. Recentemente, il Messico ha approvato alla Camera una legge per legalizzare la cannabis ricreativa. Non solo gli Stati ma anche enti internazionali hanno cambiato idea sulla cannabis: la Commissione droghe degli Stati Uniti e la Commissione Europea hanno cancellato la marijuana dalle sostanze stupefacenti pericolose e che i prodotti contenenti CBD possono essere venduti come novel food.
Per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis in Italia, però, la strada è ancora lunga. Recentemente ci sono stati dei movimenti che hanno provato a rendere più conosciuta la causa della legalizzazione per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma l’Italia è ancora legata ad alcune leggi datate che bloccano o rendono instabile il settore.
Storia della cannabis e della sua legalizzazione in Italia
Prima di essere conosciuta per i suoi effetti stupefacenti, la canapa è una pianta con moltissimi usi industriali. La fibra delle piante di canapa, infatti, è sempre stata usata per produrre carta, cordami e fibre tessili. A inizio Novecento, l’Italia era famosa per la sua produzione di canapa industriale e nel 1940 era il secondo maggiore produttore mondiale. Moltissimi agricoltori e operai lavoravano nel settore; tuttavia, negli anni Sessanta presero piede anche in Europa le leggi restrittive sulle sostanze stupefacenti. Il settore fu abbandonato nel 1975, quando l’Italia inasprì i divieti contro le sostanze stupefacenti e anche contro la canapa tessile.
In quel momento il mercato morì definitivamente; ci fu qualche vano tentativo di rifinanziarlo, ma con il Testo Unico del 9 ottobre 1990 si ostacolò ulteriormente la coltivazione di canapa e cannabis. Quel testo unico aumentava le pene sia per i coltivatori che per i rivenditori, ma più importanti erano le pene imposte ai consumatori. Chi deteneva cannabis, anche per uso personale, commetteva un reato. Nel 1993 un referendum abrogativo abolì il reato di uso personale, che veniva semplicemente sanzionato come un illecito amministrativo.
Leggi sulla cannabis negli anni 2000
Nel 2005 il Governo modificò questa normativa con la legge Fini-Giovanardi, eliminando la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti e perciò inasprendo le pene. Questa modifica ha portato a un sovraffollamento delle carceri, un problema tutt’ora presente. Il 40% dei carcerati è in prigione per reati di droga, con le pene che vanno dai sei ai vent’anni. Nonostante questo, l’Italia è uno dei Paesi che consuma più cannabis in Europa; il consumo personale infatti non è un reato e si incorre in una semplice sanzione amministrativa.
I primi spiragli di apertura arrivano nel 2013, quando l’Italia legalizza l’utilizzo della marijuana terapeutica. Ulteriori passi avanti si hanno nel 2016, anno in cui viene promulgata una legge che rende più facile da coltivare la cannabis light, ovvero la cannabis con meno dello 0.2% di THC. Questo ha spinto molti a coltivare cannabis ricreativa e industriale, e adesso è legale acquistare infiorescenze di cannabis light per uso ricreativo. Il CBD, infatti, non è una sostanza psicotropa e la sua efficacia è provata da numerosi studi. Nel 2015 è stata proposta una legge che liberalizzasse la coltivazione di cannabis per uso personale, permettendo anche la nascita di associazioni no-profit di coltivatori di cannabis. Tuttavia, questa legge è stata accantonata ed è tutt’ora in attesa di revisione.
Inoltre, nel 2014 la Corte di Cassazione ha definito la legge del 2005 incostituzionale, perciò da quell’anno è stata reintrodotta la differenza tra droghe leggere e pesanti. Il possesso e il consumo delle prime da quel momento sanzionato in maniera molto più lieve.
La cannabis per uso personale in Italia
L’uso di cannabis ricreativa in Italia è teoricamente illegale, ma il semplice consumo (quindi la detenzione di piccole quantità evidentemente riconducibili a consumo personale) è punito con una semplice sanzione amministrativa e, occasionalmente, con il ritiro temporaneo di patente o passaporto. Al contrario, avere molta marijuana con l’obiettivo di venderla è punibile con le pene che abbiamo visto sopra. In questi ambiti la legge è abbastanza limpida. In molti, però, si sono chiesti se avere una pianta di cannabis in casa sia un reato oppure no. Purtroppo la legge italiana non è molto chiara su questo aspetto.
Ci sono state varie sentenze della Cassazione nel corso degli anni, le quali si sono spesso contraddette. Fortunatamente però, le sentenze della Cassazione più recenti si sono dimostrate favorevoli alla coltivazione di piante di marijuana in casa per uso personale. Prima, nel 2016, la Cassazione ha confermato la legalità della vendita dei semi di cannabis anche non terapeutica (quindi con livelli di THC superiori allo 0,2%); poi, nel 2019, i giudici si sono nettamente espressi sulla questione. Stando alla sentenza, la Cassazione ha decretato che la coltivazione di poche piante di marijuana in casa propria non è un reato contro la salute pubblica, e che perciò non è punibile se i prodotti di quelle piante vengono consumati dal coltivatore. Questo è un buon punto di inizio per i sostenitori della legalizzazione della cannabis in Italia, anche se ancora manca una legge chiara e univoca.
La proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis del 2015
Nel 2015 è stata presentata una proposta di legge che è ancora in alto mare ma che rimane attuale. In particolare, la proposta vuole rendere legale il possesso di marijuana (15 grammi in casa, 5 grammi fuori casa) se si è maggiorenni. I privati potrebbero anche coltivare fino a un massimo di cinque piante destinate a uso personale, oppure potrebbero associarsi in associazioni dette Cannabis Social Clubs. Queste organizzazioni dovrebbero essere enti senza fini di lucro costituiti da un massimo di cinquanta persone.
Per quanto riguarda la vendita, la proposta prevede stretti controlli sulle merci e sui privati che vogliono vendere cannabis ricreativa. La cannabis venduta deve necessariamente essere coltivata in Italia, e poi lavorata e venduta in appositi negozi. In più, la legge renderebbe molto più semplice coltivare cannabis terapeutica in casa propria, rendendo semplice per tutti l’approvvigionamento di quello che sta diventando un rimedio sempre più raccomandato e popolare.
A settembre 2021 qualcosa però sembra essersi mosso: è stato approvato dalla commissione Giustizia un Testo Base sulla cannabis, e c’è stata una raccolta firme per un referendum sulla questione. Leggi l’articolo completo qui.
I vantaggi della legalizzazione
Legalizzare la cannabis porterebbe ad alcuni innegabili vantaggi per tutta la società. Prima di tutto risolverebbe il problema del sovraffollamento delle carceri, depenalizzando il consumo e la vendita legale di cannabis con THC. Inoltre, la legalizzazione del mercato assicurerebbe la qualità del prodotto venduto, visto che i prodotti venduti illegalmente sono quasi sempre di cattiva qualità se non addirittura dannosi. Legalizzare la cannabis creerebbe poi moltissimi posti di lavoro in più, dai 60mila ai 300mila, che saranno occupati soprattutto da giovani. Seguendo il trend della cannabis light, infatti, notiamo che il settore è composto soprattutto da giovani sotto i 35 anni. La cannabis con THC, essendo comunque una sostanza psicotropa, sarebbe sottoposta al monopolio, permettendo all’Italia di incassare dai 3 ai 4 miliardi di euro in tasse: un guadagno non indifferente che potrebbe andare ad alimentare programmi contro l’abuso di sostanze o di supporto per i ceti più bassi.
Infine, l’indubbio vantaggio della legalizzazione è quello di strappare il mercato alle mafie, che traggono la maggior parte dei loro introiti dalla vendita di stupefacenti. La semplice legalizzazione della cannabis light ha ridotto notevolmente i guadagni delle mafie, che continua però ad avere il monopolio della vendita della cannabis ricreativa. Questo si rifletterebbe in una società meno influenzata da bande criminali a livello mondiale: ogni Stato che legalizza la produzione di cannabis, infatti, riduce il mercato delle gang criminali degli Stati maggiori produttori di cannabis da vendere sul mercato nero.
Conclusione
L’Italia era uno dei Paesi che produceva una canapa di qualità eccellente prima dell’arrivo del proibizionismo, e recuperare le vecchie tecniche per tornare a produrre cannabis (ricordiamo che il clima dell’Italia è perfetto per questa pianta) potrebbe portare a un sostanziale miglioramento dell’economia italiana. Considerando le recenti decisioni di Paesi esteri, possiamo sperare di essere sulla strada giusta per un mondo più libero e per una società più giusta. L’articolo si aggiornerà nel caso di maggiori sviluppi sulla questione.
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