Marijuana in Salotto | Guida alla Coltivazione Fai Da Te di Luca Marola
Prudenza vorrebbe di separare con nettezza le argomentazioni ideali dalle istruzioni pratiche. Con l’eccezione di un manipolo di crociati, ormai tutti riconoscono almeno dignità politica alle tesi antiproibizioniste, dagli effetti sulla lotta al narcotraffico fino al valore dell’autodeterminazione individuale. Si può non condividere ma è raro dover ancora ascoltare le sparate di chi prova ad attribuire all’antiproibizionista il ruolo dell’untore dedito a spargere l’abuso di droghe in giro per il globo. Se poi si parla di uso terapeutico, ecco che anche gli oppositori più arcigni vacillano, invocano i dubbi della scienza, quella stessa scienza che da decenni riducono in manette se si arrischia a occuparsi del vero impatto delle sostanze stupefacenti illegali, anche in comparazione con quelle legali.
La prudenza chiama, perché quando si varca la soglia dell’argomentare e si entra nel terreno del praticare si fa presto ad esser ricacciati nel girone degli istigatori a delinquere, di fatto o di diritto. In Francia, la formula della criminalizzazione è quella in base alla quale è sanzionata la presentazione della cannabis “sous un jour favorable”, che letteralmente significa “sotto un giorno favorevole”, cioè sotto una luce favorevole. Proprio così: una luce favorevole, musica per le orecchie del buon coltivatore, ironia della sorte per un divieto che prova a sradicare, prima ancora della pianta, la libertà di espressione. Giusto comunque non far confusione per chi ha a cuore la causa antiproibizionista: coltivare e consumare non è di per sé utile a legalizzare, forse è perfino controproducente quando aliena il sostegno di coloro che badano laicamente agli effetti sulla società, e che se solo il proibizionismo funzionasse si terrebbero di buon grado il proibizionismo.
“Se solo il proibizionismo funzionasse”: ecco l’ipotesi di fronte alla quale persino la prudenza rischia di essere troppa. Pensare che possa funzionare la persecuzione di una pianta, con i suoi semini, i suoi fiori e i suoi coltivatori, è un’ipotesi che contiene in sé il germe di una pretesa eccessiva per lo Stato, le sue leggi e i suoi apparati. Se poi la persecuzione si estende all’atto stesso di ingerire una sostanza, di introdurla nel corpo, la pretesa richiama le illusioni di ogni totalitarismo di poter distruggere l’umanità reale in nome di un’umanità che esiste solo nei sogni del fanatico di turno, incapace di accorgersi che il suo sogno è incubo per troppi, almeno fino a quando la tragedia lo seppellirà. È accaduto storicamente per ogni fascismo, accadrà con il proibizionismo. Ma non vogliamo aspettare troppo quel giorno, anzi quel “giorno favorevole”.
Persino un manuale di coltivazione, di per sé a-politico e a-proibizionsta, può aiutare a capire perché il proibizionismo non può funzionare. Mentre sfogliamo pagine che parlano di botanica siamo consapevoli che un testo sottostante evoca la prima causa di ingolfamento delle aule di tribunale e delle casse della mafia. È sufficiente questa consapevolezza a far intuire le ragioni nobili e ideali della legalizzazione, senza nemmeno conoscere i saggi di Milton Friedman. È sufficiente questa consapevolezza a prevedere gli effetti pratici fallimentari della guerra contro i diritti che va sotto il nome di guerra contro le droghe.
Sarà anche vero: magari i coltivatori non sono utili alla causa, né gli spinellati, né tante altre categorie che godono di pessima stampa. Meglio però non esagerare con la selezione all’ingresso. Non abbiamo motivi per ritenere che la proverbiale saggezza contadina non riesca ad attecchire almeno un po’ anche tra i potenziali coltivatori di cannabis, magari ad incuriosirli su chi cerca di cambiare le leggi e sulle disobbedienze civili radicali. Coltiviamo la speranza che qualche lettore alla ricerca di una “luce favorevole” per le proprie foglie si attivi anche per avvicinare il tempo di quella “giornata favorevole” nella quale una pianta tornerà ad essere soltanto una pianta.
Marco Cappato
Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni